Con questo post voglio concludere la mia riflessione su La regina degli scacchi, anche se i dettagli da trattare sarebbero tantissimi, e intendo farlo con due macro-temi.
Il primo è l’elemento psicologico. Nella serie non si tratta di uno specifico problema psichico, ma è continuamente evidenziata la diversità di Beth, il suo modo unico di vivere e vedere le cose.
E’ una bambina e poi una donna complicata, riservata, che spesso appare apatica e anche incapace di amare. Sfido chiunque abbia guardando la serie a non aver percepito l’immensa solitudine della protagonista: un’infanzia passata da sola con una madre non sempre presente a se stessa, successivamente la vita in collegio, dove le uniche forme di affetto che sperimenta sono quelle acerbe del signor Scheibel e di Jolene, entrambi in qualche modo induriti dalle vicissitudini della vita, poi l’adozione, tutt’altro che idilliaca, con un padre adottivo praticamente inesistente e una madre adottiva insoddisfatta e alcolizzata. Eppure in Alma, Beth trova, se non una madre, almeno una complice. L’una ha bisogno dell’altra e insieme tentano di riempire il vuoto che le circonda. Ma anche Alma la lascia e il fragile equilibrio di Beth si spezza, lasciandola in preda alle dipendenze.
Ed è qui che entra in gioco il secondo elemento della riflessione: l’unione fa la forza. La serie inizia con una Beth sola e finisce con una Beth solitaria, e in questo c’è una bella differenza. Alla fine della serie Beth è una donna brillante, indipendente e circondata di amici: oltre a Jolene, infatti, la ragazza è inconsapevolmente, e quasi per caso, riuscita a crearsi una rete di amici disposti a molto per lei. Beltik, Benny, Townes e i gemelli credono in lei e, con il rispetto che si deve al più degno degli avversari, la sostengono fino a fare squadra nel momento apicale della sua vita.
Si tratta di quattro uomini, le cui vite si intrecciano con quelle di Beth per cause scacchistiche, sessuali e amorose, eppure alla fine quel che resta è una profonda amicizia basata sulla stima e l’accettazione reciproca.
Beth inizia il suo percorso come una ragazzina che osa insinuarsi in un mondo prettamente maschile e termina conquistandosi il rispetto di tutti quegli uomini che lei non ha mai visto come tali, ma come nient’altro che avversari, complici e, a volte, amici.
Ecco una delle grandi lezione di Beth: non generi, ma persone.
a me la serie è piaciuta molto
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Anche a me! L’ho trovata molto particolare, non una di quelle cje sembrano fatte in serie!
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Sì, originale, diversa
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